Un alfabeto si iscrive sull’immagine di un volto, cancellandone una parte, come una voce che infrange il silenzio di un paesaggio. Una amputazione della forma compiuta che innalza un vortice di significato nella quiete di un luogo aperto.
La pittura ha sette pelli, questa è una delle frasi pronunciate dal mio maestro Concetto Pozzati e, dentro di me la conservo assieme alla sua voce, che resta potente anche se da tempo è stata spezzata.
La pittura di certo chiede alla stratificazione una profondità di pensiero, oltre a una sensibilità della visione e l’ultima pennellata ha, in un certo senso, ragione su tutte le altre, ma è altrettanto vero che, senza le altre, spesso non avrebbe ragione d’essere.
L’ultima stesura silenzia le altre ma non le azzittisce. Per questo motivo, da pittore, credo che anche ciò che viene cancellato o coperto, ciò che viene sospeso o sottinteso senza essere detto, abbia spesso la forza di farsi intendere, di pesare sul senso delle opere, talvolta più di quel che si impone.
Massimo Pulini