Honor et Meritus
Il catalogo della mostra dei diplomi di laurea delle università italiane dal xv al xx secolo, organizzata nell’ambito delle celebrazioni del Quinto Centenario della Fondazione dell’Università di Urbino.
Introduzione di Giovanni Bogliolo
Magnifico Rettore dell’Università
degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
Fino a quando ha mantenuto il suo significato etimologico, la laurea ha coronato la fronte di generali vittoriosi, di imperatori che la esibivano come insegna del loro potere (e non solo: per Cesare era un prezioso camuffamento della calvizie, per Augusto un’e?cace protezione dal fulmine) e di pochi, fortunati poeti a cui veniva conferita questa ambitissima corona, che, come osservava il Boccaccio, “non iscienzia accresce, ma è della acquistata certissimo testimonio e ornamento”.
Dopo che il suo uso si è esteso – e infine si è circoscritto – a coloro che avevano felicemente concluso un corso di studio dottorale, la laurea ha progressivamente perduto il suo primitivo significato di corona d’alloro ed è passata a designare il diploma che ne certifica e legittima il possesso: da simbolo da esibire in pubblico in una cerimonia festosa ad attestato da conservare come ricordo privato o, al massimo, da esporre con orgogliosa evidenza in uno studio professionale. Nel 1777, nell’Ode che dedica a Maria Pellegrina Amoretti, prima donna laureata in Giurisprudenza, il Parini fa ancora riferimento al serto simbolico (“Già vien su le tue chiome / Di lauro a serpeggiar fronda immortale”), ma quella che l’Università di Pavia avrà consegnato alla giovane addottorata sarà stata senz’altro – e probabilmente soltanto – una
elegante pergamena con parafe svolazzanti ed elaborate ceralacche.
È facile immaginare la dispersione a cui, nel corso dei secoli, può essere andato soggetto questo genere di documenti, tanto preziosi per chi li aveva più o meno faticosamente conquistati e poi, nel corso della vita, conservati e utilizzati quanto inutili e superflui per i loro eredi. Negli archivi delle università, che pur registrano minuziosamente la loro avvenuta consegna, solo eccezionalmente se ne trovano copie. Se non fosse per la passione di pochi, illuminati collezionisti che si sono messi alla caccia di queste preziose testimonianze di un aspetto ingiustamente trascurato della storia culturale e sociale, nulla o quasi sapremmo, se non attraverso le fonti letterarie, del ruolo e del valore che nel corso dei tempi è stato assegnato a quello che è stato e continua ad essere, ad un tempo, il massimo conseguimento nella carriera degli studi e un decisivo rito di passaggio.
Poco o nulla infatti fino ad oggi ne sapevamo, perché i collezionisti, comprensibilmente gelosi delle loro raccolte, non amano renderle di pubblico dominio e quando, come spesso avviene, sono anche degli attenti studiosi, aspettano, prima di licenziarne studi ed analisi, di avere costituito un corpus adeguato. È quanto ha fatto, con appassionata tenacia e sempre più agguerrita competenza, l’avvocato Gianfranco Nucci, che in anni di accanita ricerca è riuscito a mettere insieme la più ricca e prestigiosa collezione di antichi diplomi, bolle, decreti e altri documenti relativi alla vita universitaria. Oggi con generosa amabilità, per consentirci di festeggiare nel modo più pertinente i cinquecento di storia del nostro Ateneo, ce ne offre in mostra un’ampia selezione di “pezzi” di grande interesse storico e di eccezionale valore artistico: un repertorio proveniente da ben ventiquattro tra collegi e atenei italiani, il più ricco e vario finora conosciuto, che offre un contributo originale e prezioso allo studio della storia delle università, ma anche di quella del costume e di quella delle arti cosiddette minori.
Per il nostro Ateneo questo incontro è stata anche l’occasione e lo stimolo per una ricognizione sistematica e uno studio accurato dei documenti conservati in archivio che ha portato ad allestire una sezione della mostra dedicata all’Università di Urbino e ai suoi cinquecento anni di storia e ad acquisire, grazie alla generosità del professor Gastone Mosci che gliene ha fatto dono, un prezioso diploma del 1588, il più antico finora conosciuto.
Honor et meritus agli antichi laureati dunque. Ma anche honor et meritus a chi ha concepito, consentito e realizzato questo affascinante percorso di conoscenza storica e di piacere estetico.