Ep.6 – Sulla soglia del mio disco fin troppo rigido

La Grafica commedia – Episodio 6

Testo scritto nel 2013

Oh! Eccoci finalmente come promesso sulla soglia del mio Macbook 17 pollici che mi accompagna sempre come una protesi. È un hardware piuttosto potente, acquistato nell’ottobre 2011 con le migliori caratteristiche, per sostituire un altro 17 pollici che utilizzavo da circa due anni e mezzo. Sì, grosso modo è questa la media con cui aggiorno lo strumento di lavoro.

Per quale motivo si cambia un computer?

Confesso subito il peccato della passione per l’oggetto. Questo capita oggi con l’elettronica, come da sempre succede con qualsiasi cosa che desideriamo possedere e maneggiare, macchina fotografica, strumento musicale o anche libro che sia.

Riflettendo su quanto sostenuto da Albe Steiner di cui ho già scritto nel primo capitolo, rispetto ai mezzi limitati che non diminuiscono la creatività, ripenso al primo Mac comperato. Era il 1988: investimento di 20 milioni di lire effettuato grazie ad un finanziamento a fondo perduto della Regione Emilia Romagna per aziende i cui proprietari avevano una età inferiore ai 29 anni. Bei tempi! Un Macintosh II con 2 megabyte (non giga) di RAM, e un disco rigido di addirittura 40 megabyte (non giga), un monitor Viking 19 pollici in bianco e nero (senza neppure i grigi) e una stampante Apple LaserWriterNT. Mi piace ricordarlo soprattutto per i più giovani lettori che oggi si ritrovano a maneggiare giga su giga in punte di spillo e forse non hanno la percezione dei grandi passi avanti fatti. È infatti su queste cose che si notano le più grandi differenze con gli anni passati, mentre su tante altre le differenze sono meno evidenti. Di certo i nostri abiti non sono quelli immaginati nei film anni Settanta che si avventuravano nel nuovo millennio. Ricordo con piacere questi dati anche a me stesso perché da quella prima strumentazione acquistata sono usciti libri, copertine, manifesti che conservano il loro valore, a conferma che prima di tutto, ciò che conta sono le idee.

Quindi che necessità c’è di rincorrere continuamente la tecnologia, acquistare, bene che vada, un computer ogni due anni e mezzo?

La prima ragione è dovuta al software, ai sistemi operativi, alle applicazioni (a proposito, sapete che solo recentemente ho notato che il termine applicazione ha in sé un pezzo di mela “appl-e”?). Qualcuno potrebbe obiettare che anche per i programmi vale la stessa riflessione fatta sull’hardware e tutte queste evoluzioni segnate dai numeri 1.0 2.0… 12.0 e via di seguito, non sono poi così necessarie. I primi manifesti, le prime copertine le abbiamo fatte con  FreeHand 1.0 e sono ancora dignitose. I libri impaginati con PageMaker 2.0 si leggono molto bene ed hanno una buona tipografia. 

I programmi sono continuamente in evoluzione. Si potrebbe sostenere che la principale ragione sia dettata da motivi commerciali per legare noi utenti a investimenti continui. 

Dalla versione dei fratelli Knoll alla CS6 le diverse icone di Photoshop.

In parte è vero, certi aggiornamenti possono indurre a pensare questo. Ma è innegabile che con il passare del tempo ci troviamo fra le mani strumenti sempre più potenti e sofisticati per rispondere ad esigenze fino a pochi anni fa impensabili. Si pensi soprattutto al video-editing, ovvero alla possibilità di montare film in altissima risoluzione FullHD: ciò che oggi è possibile produrre con un portatile e un programma da un migliaio di euro, non molto tempo fa era possibile solo con costosissime workstation.

Sono enormemente aumentate le finalità degli strumenti. Il primo computer sembrava avere la funzione di sostituire i trasferibili Letraset, per poi evolversi in modo da bypassare le fotocomposizioni. In seguito si è cominciato a correggere cromaticamente le fotografie, fino a diventare dei veri e propri banchi di regia per video professionali ad altissima definizione. 

Molti grafici, meravigliosi progettisti miei coetanei, hanno fatto non poca fatica a dover ragionare al di fuori della carta. Ma è pur vero che il buon utilizzo del carattere, l’uso della grafica è da sempre apprezzato anche in un bel video, in una sigla televisiva, nei titoli di testa di un film. Michele Provinciali, l’insegnante che ha maggiormente influenzato gli studenti dell’ISIA “anni Ottanta”, si vantava della bella collaborazione con Michelangelo Antonioni proprio per i titoli di testa di qualche suo film. È innegabile che oggi, rispetto ad un paio di decenni fa, la grafica la ritroviamo in moltissime situazioni al di fuori della carta. 

Ma di questo ho già scritto, e qualcosa aggiungerò alla fine del libro. 

 

Immagine tratta da un depliant Apple che ci fu dato nel 1988 all’acquisto del nostro primo Macintosh.

Immagine tratta da un depliant Apple che ci fu dato nel 1988 all’acquisto del nostro primo Macintosh.

 

Testo tratto dal libro: La grafica commedia – di Walter Valter Toni – Fara Editore – 2013. pagg. 59-63

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