Ep.5 – Lavorare
Persino avere la bella fortuna di fare un lavoro che piace, può avere il rovescio della medaglia.
La Grafica commedia – Episodio 5
Non tantissimi anni fa, un tema ricorrente quando si parlava di lavoro era la riduzione degli orari; in Italia è persino caduto un governo su questo argomento.
Quando ero studente all’ISIA, ricordo che in uno dei suoi sermoni il prof. Romano Barboro ipotizzava un futuro dove tutti avremmo lavorato meno, con più tempo libero da dedicare ai propri interessi e alla famiglia.
Erano pensieri, un po’ ingenui, che ponevano grande fiducia sullo sviluppo di tecnologie che avrebbero aiutato l’uomo; e non possiamo certo negare che queste non abbiamo fatto enormi passi avanti.
Ma allora, cosa è accaduto, se la realtà di oggi sembra l’opposto di questo futuro auspicato?
Come mai la nostra vita non sembra altro che un correre dietro a scadenze, a urgenze, ad impegni, con al nostro fianco quel compagno di viaggio che ha l’antipaticissimo nome di stress?
Dove è finito tutto questo tempo libero?
Come mai il canto, che tanto amavo, mi sono ridotto ad esercitarlo soltanto sotto la doccia, e l’unico strumento che suono è il campanello di casa quando ho dimenticato le chiavi?
Il mondo che ci circonda… altro che liquido come lo ha definito Bauman! A me sembra un vero e proprio mare in tempesta dove tante persone, a tutti i livelli, appaiono impaurite e stanche e non fanno altro che correre, correre, per non far affondare navi che hanno perso la rotta.
Perché tutto questo?
Se all’inizio di questo libro ho detto che è difficile scrivere un manuale, è ancor più vero che pretendere di dare risposte a queste domande sembra ormai compito dei pazzi.
Ma per fortuna in giro qualche pazzo c’è, perché riprendere il timone è necessario, indispensabile. In molti casi si tratta di fare delle scelte, a volte talmente grandi, che giustamente l’amico Marco Guzzi, uno di quei pazzi che a me piace molto, le ha definite “passaggi epocali”. Scelte che ci coinvolgeranno in maniera collettiva, anche se passano necessariamente al vaglio delle nostre coscienze personali, per diventare decisioni concrete.
Ad esempio, tornando sui binari dei motivi di questo libro che racconta del lavoro che faccio, ritengo molto importante dedicare alla professione tanto tempo, senza però mai esagerare, anche quando lo si ama. Lo dico proprio perché ho la fortuna di fare un mestiere bello, e per questo non vorrei farmi inghiottire dal lavoro e non lasciare spazio ad “altro”. Tempo che diventa salute e nutrimento anche del lavoro stesso.
Aver messo da subito, fin dagli inizi di Kaleidon, un po’ di paletti come ad esempio che il sabato non si lavora, dedicarci all’insegnamento, creare spazi di crescita per noi stessi e per i dipendenti: sono tutte belle scelte fatte sempre in sintonia da me e Franz, che sicuramente ci hanno reso meno ricchi, ma mentalmente più sani e felici.
Ok, qualcuno starà mugugnando che questa sembra una “predica”, che mi aiuta a farmi “bello”, così da accalappiarmi la vostra benevola considerazione. Può essere, ma io ci credo profondamente e ormai, visto che quest’anno compirò 50 anni di vita e 25 di lavoro, sento di aver acquisito la giusta maturità interiore per scrivere ciò che provo.
Mi auguro che i lavori e la vita possano testimoniare almeno in parte quanto sto scrivendo, anche perché in fondo non sono riflessioni nuove.
Questi pensieri sono stati il terreno fertile per il festeggiamento del ventesimo compleanno di Kaleidon nel 2008 con un evento che abbiamo intitolato “Pausa”, creando un’occasione per fermarci un po’ a riflettere.
È nata una bella collaborazione con l’Istituto Musicale “Lettimi” di Rimini cha ha dato vita ad una mostra, ancora oggi presente nella scuola, e ad una giornata particolare documentata nel video qui sopra.
Nel catalogo che abbiamo realizzato, e che potete sfogliare cliccando qui, ogni persona che ha avuto a che fare con Kaleidon ha regalato una propria interpretazione di “pausa”.
Da parte mia il contributo è stato il testo che ripropongo qui di seguito.
Pausa ritmata
Il desiderio di affrontare i progetti con grande attenzione e cura credo sia stata una delle principali caratteristiche di Kaleidon in questi venti anni, dedicando ad ogni lavoro una buona quantità di “pause” riflessive, in maniera proprio del tutto contraria allo stile frenetico che il lavoro di oggi vorrebbe imporci. Tirare un po’ le somme e verificare i risultati non è per niente facile, soprattutto quando questi sono riferiti a sé stessi. Se a questo aggiungiamo il fatto che, sia io che Franz, come del resto un po’ tutte le persone che in una qualche maniera hanno collaborato con noi in questi anni, siamo riluttanti alle celebrazioni, si capisce che l’evento di un compleanno per lo studio avrebbe potuto facilmente essere dimenticato. Sarebbe stato così, se non fosse venuto in mente a Patrizia questo nome “pausa”, che ad ognuno di noi ha aperto la mente a significati, a desideri incredibilmente ampi, che spaziano su territori così diversi, dalla musica a possibili scelte di vita, a tal punto che è facile cadere nella banalizzazione del termine. Ma pur correndo questo rischio cercherò di dare un senso alla mia “pausa”.
Per prima cosa “pausa” è staccare la spina dal lavoro ogni fine settimana, proprio come ha fatto il buon Dio il settimo giorno, per dedicare il meglio di sé alla famiglia. “Pausa” è trovare il tempo per spegnersi un po’ e ricaricarsi di energia: l’importante è trovare un buon carica-batterie. “Pausa” è utilizzare il viaggio quotidiano in treno per scrivere una email agli amici. “Pausa” significa riappropriarsi del presente e non vivere frastornati tra rimpianti passati o angosce future. “Pausa” non è fermarsi a mangiare un panino a pranzo, ma piuttosto svegliarsi presto la mattina per iniziare meglio la giornata, e pensare agli impegni alla luce di cosa veramente conti nella vita, una vita che mi piacerebbe vedere come una grande sinfonia, dove ogni “pausa” serve a metter in evidenza i suoni intrecciati unici e irripetibili della nostra esistenza, sia quelli gioiosi, sia quelli tragici, in preparazione di quella che sarà la nostra ultima inevitabile grande “pausa finale”. In questo senso il poster che ho realizzato si ispira ad un momento recente della mia vita, una “pausa” che mi ha coinvolto in maniera profonda e del tutto particolare. Ho avuto il grande dono di essere vicino a mio padre il 31 dicembre scorso, mentre lasciava questa terra, e di vivere questo distacco come mai mi sarei aspettato, fortemente ricco di significati. Troppo avrei da raccontare, ma tutto per me si riassume in un rosario di legno che in quella notte ho tenuto stretto fra la mia mano e quella di Paolo, mio padre.
Dopo aver volato con piacere su questioni che toccano particolarmente il mio cuore, e su cui ho anche scritto Nella treccia la speranza, ritorno sui binari del mestiere per collegarmi ai capitoli che seguono e che hanno una tonalità molto più tecnica.
Parlerò di computer e software, perché lavorare bene, senza essere vittime dello stress, richiede anche la conoscenza degli strumenti che si maneggiano. Con passione ho vissuto anni magnifici all’ISIA proprio ad insegnare questo. Ho l’occasione qui di ripercorrere quel periodo e di raccontare un po’ di quelle lezioni che, accompagnate dal soporifero ronzio del videoproiettore nel buio delle enormi aule dell’edificio pensato da Francesco di Giorgio Martini, avranno dato la possibilità ad alcuni studenti di comprendere qualcosa in più sul mestiere, ad altri di riposarsi un po’ per le gioiose serate nella bella città universitaria di Urbino.